Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta, la massa

•24 luglio 2014 • 4 commenti

exoplanet

Una rappresentazione artistica di un sistema planetario. Fonte Immagine: Flickr.com-https://www.flickr.com/photos/53845452@N05/12927556724/lightbox. Crediti CosmosUp.

di Umberto Genovese

Nella prima parte ho dimostrato come si possono ottenere con dei semplici calcoli alcune proprietà di un ipotetico pianeta in orbita ad una stella remota. La parte più difficile è però calcolare la massa dell’esopianeta, una sfida difficile ma ricca di soddisfazioni.

Articolo disponibile su Il Poliedrico: Come ti calcolo le proprietà di un esopianeta, la massa – Il Poliedrico.

Umberto

 

Con Giusi Micela alla ricerca di altri mondi

•21 luglio 2014 • 1 commento

Nel 1992 è avvenuta la scoperta del primo esopianeta, ossia del primo pianeta al di fuori del nostro Sistema Solare. Si trattava di una stella non di tipo solare, ma di una pulsar, che rappresenta lo stadio finale dell’evoluzione di una stella molto massiccia, dopo che è esplosa come supernova. E’ sorprendente che esistano dei pianeti attorno a tali oggetti così estremi.

Ulteriori studi compiuti nel corso degli anni hanno mostrato che attorno a questa pulsar, denominata PSR B1257+12, vi sono ben tre pianeti, scoperti grazie alle misurazioni del periodo di pulsazione. Rappresentano i primi pianeti confermati al di fuori del nostro Sistema Solare. Tali oggetti hanno masse pari a 0,02, 4,3 e 3,4 masse terrestri, quasi sullo stesso piano orbitali e con periodi di circa 25, 67 e 98 giorni, rispettivamente [1] [2].

Il 6 ottobre 1995 gli astronomi svizzeri Micheal Mayor e Didier Queloz annunciarono la scoperta di un esopianeta orbitante attorno a 51 Pegasi. Questa scoperta venne compiuta col metodo delle velocità radiali col telescopio dell’Osservatorio di Haute-Provence in Francia e utilizzando lo spettrografo ELODIE. Il 12 ottobre 1995 la conferma arrivò dal Dott. Geoffrey Marcy della San Francisco State University e dal Dott. Paul Butler dell’University of California di Berkeley utilizzando l’Hamilton Spectrograph al Lick Observatory vicino a San Jose, in California.

51 Pegasi b (51 Peg b) è il primo pianeta scoperto attorno a questa stella e attorno ad una stella di tipo solare. Dopo la sua scoperta, molti altri team di ricerca confermarono la sua presenza ricavando delle tabelle delle sue proprietà (disponibili su Exoplanets Data Explorer: http://www.exoplanets.org/table ). Alcune caratteristiche del pianeta le possiamo ricordare: il pianeta mostra un periodo orbitale di 4,23 giorni terrestri, l’eccentricità orbitale è di 0,013; un’orbita estremamente vicina alla sua stella, con una temperatura superficiale di 1200 °C, una massa pari a circa la metà della massa di Giove. Secondo i dati pubblicati sugli articoli, la distanza così piccola del pianeta non era compatibile con le teorie sulla formazione planetaria e si pensò ad una migrazione planetaria del pianeta fino a raggiungere la sua posizione attuale. Nel 2012 non sono stati trovati altri pianeti ulteriori nel sistema di 51 Pegasi.

Secondo i dati forniti da Exoplanet.eu 1810 sono i pianeti osservati attorno a stelle di tipo solare, di cui oltre 750 confermati tali solo all’inizio di questo anno. Se esistano o meno altri pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare possiamo rispondere oggi in modo affermativo.

Esistono forme di vita su altri mondi? Esistono pianeti simili alla Terra con forme di vita come noi le conosciamo?

Giusi Micela Direttrice dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo, ci racconta la storia, gli oltre venti anni di osservazione e le ultime interessanti notizie sulla ricerca del pianeti extrasolari.

[1] Wolszczan A., Frail D. A., 1992, Nat, 355, 145.

[2] Wolszczan A. in Fischer D., Rasio F. A., Thorsett S. E., Wolszczan A., eds, ASP Conf. Ser. Vol. 398, Extreme Solar Systems. Astron. Soc. Pac., San Francisco, p. 3.

Sabrina

45 anni dal primo sbarco dell’uomo sulla Luna

•20 luglio 2014 • 1 commento

 

In occasione del 45esimo anniversario dello sbarco del primo uomo sulla Luna la telecamera Lunar Reconnissance Orbiter Camera (LROC) a bordo del Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA ci mostra il sito di allunnaggio in tre dimensioni, come non lo avevamo mai visto.

Apollo_11Il sito di atterraggio dell’Apollo 11 ripreso dal Lunar Reconnaissance Orbiter Camera (LROC) a bordo della sonda Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA. LM è Lunar Module, (modulo lunare) mentre tutti gli altri,  indicati con una freccia bianca, rappresentano i vari strumenti che sono stati lasciati sul suolo lunare durante la missione Apollo 11  Crediti NASA LRO.

Il Modulo Lunare (LEM) battezzato Eagle, guidato da Neil Armstrong e Buzz Aldrin, toccò il suolo lunare vicino al bordo meridionale del Mare della Tranquillità, uno dei maggiori bacini che si osservano a occhio nudo quando ammiriamo il nostro satellite.

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Il paesaggio desertico della Luna che apparve a Neil Armstrong quando uscì dal Modulo Lunare (LM). Crediti NASA/Neil Armstrong.

Armstrong e Aldrin passeggiarono sulla Luna per circa due ore e il loro percorso è ben visibile nelle fotografie riprese da LROC sul suolo lunare una quarantina di anni più tardi. Con l’immaginazione è possibile visitare in un modo unico e completo il sito di allunnaggio degli astronauti grazie alla sequenza di immagini ottenuti con vari passaggi di LRO sopra il suolo lunare: è ben visibile il percorso dell’astronauta Armstrong verso la camera TV, sono identificabili anche due parti dell’Early Apollo Science Experiments Package (EASEP), il Lunar Ranging Retro Reflector (LRRR) e il Passive Seismic Experiment (PSE). Le tracce di Neil Armstrong verso il Cratere Little West di 33 metri di diametro recano memoria della sua passeggiata non prevista dai tecnici e ingegneri NASA ma che ha mostrato per la prima volta l’interno di un cratere lunare al mondo intero, oltre che una visione spettacolare del LEM da lontano.

Informazioni: LRO: Apollo: second look – http://lroc.sese.asu.edu/news/index.php?/archives/101-Apollo-11-Second-look.html

Il video è di dominio pubblico e si può scaricare su: http://svs.gsfc.nasa.gov/goto?4185

Goddard Space Flight Center della NASA- Shorts HD podcast:
http://svs.gsfc.nasa.gov/vis/iTunes/f…

Goddard Space Flight Center on facebook:
http://www.facebook.com/NASA.GSFC

Twitter NASA-Goddard:

Sabrina

Un grande impatto per Mercurio?

•10 luglio 2014 • 1 commento

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Mercurio ripreso dalla sonda Messenger della NASA. Crediti: NASA/Johns Hopkins Applied Physics Lab/Carnegie Institution. NASA Messenger – http://www.nasa.gov/mission_pages/messenger/main/

La Terra, Venere, Marte e alcuni asteroidi come Vesta e forse anche Lutetia, hanno una composizione condritica con enormi mantelli di silicato che circondano nuclei di ferro. Alcuni casi anomali riguardano per esempio Mercurio, con il suo abbondante ferro metallico e la Luna con il suo piccolo nucleo ferroso e alcuni asteroidi che sono ricchi in metalli. Anche se un impatto gigantesco con una proto-Terra può spiegare il piccolo nucleo ferroso della Luna, per Mercurio è problematico pensare ad un impatto gigantesco per spiegare il suo grande nucleo ricco di ferro.

L’aspetto dei pianeti più interni del Sistema Solare potrebbe essere dovuto ad un tremendo impatto avvenuto miliardi di anni fa. Questo è quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di astronomi dell’Arizona State University, dell’ASU e dell’Università di Berna, Svizzera.

Una potente collisione con un pianeta delle dimensioni confrontabili con quelle della Terra potrebbe, infatti, aver strappato via quasi tutto il mantello roccioso di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole nel nostro Sistema Solare, tanto da fargli assumere le caratteristiche attuali, con un nucleo grande e ferroso. I calcoli dei ricercatori portano ad affermare che Mercurio possa aver perso circa il 60 percento della sua massa iniziale.

Prima che la sonda Messenger (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemestry, and Ranging) della NASA entrasse in orbita attorno al pianeta Mercurio nel marzo 2011, molti ricercatori avevano immaginato che un potente impatto avesse spazzato via il mantello del pianeta, ma un tale evento avrebbe dovuto impoverire Mercurio degli elementi leggeri.

Quando Messenger entrò in orbita attorno al pianeta, vennero rilevate delle abbondanze alte e insolite di elementi moderatamente volatili, come il potassio e lo zolfo. Da allora sono stati osservati anche alte concentrazioni di sodio e di cloro che non si aspettava di trovare su Mercurio. Questo ha portato a una nuova questione aperta: com’è possibile avere un pianeta ricco di elementi moderatamente volatili con un grande nucleo ricco di ferro?

La risposta potrebbe trovarsi nel tipo di impatto, o di impatti, che Mercurio ha subito poco dopo la sua formazione, circa 4,5 miliardi di anni fa. Si pensa in particolare ad impatti di grande potenza. Erik Asphaug dell’Arizona State University e Andreas Reufer, dell’ASU e dell’Università di Berna, Svizzera hanno fatto girare su computer dei modelli basati sull’idea che dovevano essere avvenute una serie di collisioni nel Sistema Solare primordiale del tipo “mordi e fuggi”. Anziché immaginare dei corpi di piccoli dimensioni, i ricercatori hanno immaginato che oggetti delle dimensioni della Terra e della Luna si siano urtati fra loro con modalità differenti, in alcuni casi con variazioni orbitali e in altri con aggregazione di detriti fino alla formazione di nuovi pianeti.

Una collisione di questo tipo potrebbe aver portato alla formazione di Mercurio, di Marte e di alcuni tra i più grandi oggetti che formano la Fascia Principale degli Asteroidi quali Vesta, Psiche e forse anche Lutetia, visitato dalla sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Eruopea nel luglio 2010.

Questo modello “mordi e fuggi” suggerisce l’idea che il proiettile (o impattatore, come viene anche chiamato), che dovrebbe essere formato da elementi volatili, diventi bersaglio e subisca urti ripetuti. Le collisioni supplementari strapperebbero via materiale dal mantello.

Cosa avrebbe potuto accadere se Mercurio fosse stato il proiettile? Le simulazioni al cumputer di Asphaug e Reufer portano ad un pianeta molto simile a Mercurio ogni qualvolta si consideri il caso di un proiettile 4,5 volte più massiccio di Mercurio che urta un proto-pianeta 0,85 volte la massa dell’attuale Terra e circa 3 volte la loro velocità di fuga reciproca, con un angolo di incidenza di circa 34 gradi. Mercurio attualmente è circa 0,055 volte più massiccio della Terra.

La cosa più importante è che il modello “mordi e fuggi” assume che il proiettile e il bersaglio dovrebbero cominciare ad accrescersi anche se ciascuno di essi se ne andasse per la propria strada. I ricercatori hanno trovato che la maggior parte del materiale, soprattutto gli elementi più leggeri del mantello, ricadrebbero sul corpo bersaglio. Il proiettile finirebbe così con l’essere più ricco in metalli di quanto non lo era inizialmente ma avrebbe ancora un bel po’ di elementi volatili.

Rimangono comunque un sacco di domande senza risposta e che il modello non è in grado di rispondere. Da dove arriverebbe questo corpo più grande che ha colpito il pianeta Mercurio? E dove si troverebbe oggi? Quale sarebbe l’effetto dei riscaldamento, legato agli impatti su Mercurio, sulla composizione stessa di Mercurio?

Sono tutte domande a cui si cercherà di rispondere nel prossimo futuro.

Peplowski ha definito questo un lavoro di “scienza classica” in quanto si tratta di un caso di applicazione di nuove teorie per spiegare osservazioni che non si accordano con quelle vecchie.

Per esaminare altri scenari si dovrà andare ben al di là di alcuni modelli pre-Messenger relativi a giganteschi impatti.

 

L’articolo è stato pubblicato il 6 luglio su Nature Geoscience 

Fonti:

Articolo: E. Asphaug e A. Reufer, Mercury and other iron-rich planetary bodies as relics of inefficient accretion, Nature Geoscience, 2014.

Space.com – Did Huge Impact Shape Planet Mercury? http://www.space.com/26447-mercury-composition-giant-impact.htm .

Sabrina

Al via lo stage per i vincitori delle Olimpiadi di Astronomia 2014

•9 luglio 2014 • 2 commenti

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Logo delle Olimpiadi Italiane di Astronomia. Crediti: INAF/SAIt/Olimpiadi Italiane di Astronomia.

Occasione di incontro con i ricercatori astronomi e di confronto con altri ragazzi, momento importante per coltivare l’interesse e la passione per l’astronomia, oltre ad uno scenario scientifico di ampio respiro, le Olimpiadi Italiane di Astronomia vanno ben oltre la competizione. E questo spirito lo si può cogliere anche nella prossima tappa, lo stage di Astronomia presso l’INAF-Osservatorio Astrofisico di Asiago, per nove ragazzi che si sono classificati ai primi posti durante la finale di Siracusa, il 12 aprile scorso.

Lo stage in programma dal 14 al 18 luglio è organizzato dagli Osservatori di Trieste e Padova e dalle Comunità Montana Spettabile Reggenza dei 7 Comuni dell’altopiano di Asiago. L’Osservatorio Astronomico di Asiago a Cima Ekar è il sito del più grande telescopio ottico su suolo nazionale. Qui, Conrad Böhm e Giulia Iafrate dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste cureranno la preparazione dei giovani studenti in particolare sulla dinamica di stelle e astronavi, l’osservazione di Saturno, il disegno di mappe celesti e di molto altro, utilizzando il telescopio Schmidt e il telescopio Copernico di 1,8 metri di diametro.

 Sei studenti tra i primi classificati nella categoria Junior alle Olimpiadi al momento sono impegnati nello stage emiliano (7-11 luglio) che prevede una visita ai telescopi ottici dell’Osservatorio Astronomico di Loiano, seguita dalla visita alla Stazione Radioastronomica di Medicina e alla sede dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Bologna. Questo stage prevede visite (tra cui anche quella al Museo di Guglielmo Marconi a Pontecchio, sua dimora), laboratori e osservazioni ottiche, radio e X, oltre a esercitazioni e lezioni dove gli studenti si impegneranno su esercizi già proposti nelle passate edizioni delle Olimpiadi Italiane di Astronomia sia a livello nazionale che internazionali. Tutto questo potrebbe risultare utile per la prossima competizione delle Olimpiadi di Astronomia 2015.

Le Olimpiadi Italiane di Astronomia sono un’iniziativa congiunta dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e della Società Astronomica Italiana (SAIt), con il contributo e il supporto del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR). Le Olimpiadi sono riconosciute dal MIUR come attività per la valorizzazione delle eccellenze scolastiche e danno diritto ai vincitori di ricevere borse e i studio e di essere iscritti nell’Albo delle eccellenze.

Si è registrato un maggior interesse dei ragazzi verso l’astronomia. Lo dicono i numeri dell’edizione 2014: 624 iscritti provenienti da 135 scuole di 16 regioni italiane.

Tutti i ragazzi interessati a partecipare alle Olimpiadi di Astronomia nati negli anni 1998-1999 (categoria senior) e 2000-2001 (categoria junior) possono trovare il bando per l’edizione 2015 sul sito delle Olimpiadi di Astronomia http://www.iaps.inaf.it/olimpiadiastronomia/ nel prossimo mese settembre.

 

Qui la lista dei finalisti alle Olimpiadi Italiane di Astronomia 2014 a Siracusa: http://www.iaps.inaf.it/olimpiadiastronomia/wp-content/uploads/2014-ammissione-alla-finale.pdf

Sito web delle Olimpiadi Italiane di Astronomia: http://www.iaps.inaf.it/olimpiadiastronomia/

Olimpiadi Italiane di Astronomia – Osservatorio Astronomico di Trieste: http://www.oats.inaf.it/olimpiadi/

Osservatorio Astronomico di Trieste – Stage Olimpico estico 2014 – http://www.oats.inaf.it/it/component/content/article/68-scuole/392-asiago-2014

Facebook: Olimpiadi Italiane di Astronomia: https://www.facebook.com/olimpiadiastronomia?fref=ts

INAF- Osservatorio Astronomico di Padova – http://www.oapd.inaf.it/index.php/it/-Osservatorio Astronomico di Padova

Media INAF: Settimane Olimpiche tra Emilia e il Veneto – di Caterina Boccato- http://www.media.inaf.it/2014/07/04/settimane-olimpiche-tra-lemilia-e-il-veneto/Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca: http://www.istruzione.it/

Società Astronomica Italiana: http://www.sait.it/

 

Altri articoli disponibili su TuttiDentro:

Un’astronoma tra i finalisti delle Olimpiadi di Astronomia: https://tuttidentro.wordpress.com/2014/04/18/unastronoma-tra-i-finalisti-delle-olimpiadi-di-astronomia-2014/

Lo stage degli Olimpionici al Telescopio Nazionale Galileo

https://tuttidentro.wordpress.com/2014/06/25/lo-stage-degli-olimpionici-al-telescopio-nazionale-galileo/

I finalisti delle Olimpiadi di Astronomia 2014 al Telescopio Nazionale Galleo:

https://tuttidentro.wordpress.com/2014/06/16/i-finalisti-delle-olimpiadi-di-astronomia-2014-al-telescopio-nazionale-galileo/

Sabrina

Gemelli diversi

•3 luglio 2014 • Lascia un commento

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Rappresentazione artistica del sistema binario XO-2 dove si vede in primo piano uno dei due giganti gassosi orbitanti attorno a XO-2S e il secondo pianeta che le transita davanti; l’oggetto luminoso in alto a destra rappresenta la compagna XO-2N con il suo pianeta transitante (il puntino nero). Crediti: adattamento dell’immagine ESO / L. Calçada

Il cacciatore di pianeti HARPS-N, installato al Telescopio Nazionale Galileo, ne ha scoperti due nuovi attorno alla stella XO-2S, appartenente a un sistema doppio. Anche la compagna, XO-2N, ospita un pianeta, già rivelato nel 2007 col metodo dei transiti. Per la prima volta viene identificato un sistema binario dove entrambe le componenti stellari hanno un mini sistema planetario. Una scoperta made in Italy dall’osservazione spettroscopica all’interpretazione dei dati

Da Media INAF – http://www.media.inaf.it/2014/07/02/gemelli-diversi/

In collaborazione con Caterina Boccato

Un sistema binario con doppio sistema planetario! E’ questa la scoperta di un team di astronomi del programma GAPS – Global Architecture of Planetary Systemscapeggiato da Silvano Desidera dell’INAF di Padova.

Le ultime scoperte nell’ambito dei pianeti extrasolari indicano una sorprendente varietà nelle caratteristiche e nell’architettura dei sistemi planetari. Questa varietà dipende dalle proprietà della stella che ospita i pianeti, dalle caratteristiche del disco circumstellare in cui si forma il sistema e dagli effetti dell’ambiente nei quali le stelle e i loro pianeti evolvono.

Lo studio dei sistemi composti da due stelle con caratteristiche simili e che orbitano a grande distanza una dall’altra attorno al loro comune baricentro, detti sistemi binari larghi, aiuta a capire meglio quali sono i fattori che entrano in gioco nella formazione ed evoluzione dei pianeti, dato che la composizione chimica, l’età e l’ambiente in cui si formano sono sostanzialmente uguali per le due componenti.

I sistemi binari sono inoltre laboratori unici per capire l’evoluzione dinamica dei sistemi planetari dato che, a causa delle interazioni mareali con la nostra Galassia e col passaggio ravvicinato di altre stelle, gli elementi orbitali di questi sistemi cambiano nel corso del tempo.

Attorno alla stella XO-2S, la stella più a sud del sistema binario largo, denominato XO-2, sono stati individuati due nuovi pianeti da un gruppo di astronomi del programma GAPS – Global Architecture of Planetary Systems guidato da Silvano Desidera dell’INAF di Padova.

GAPS è il programma di osservazione INAF per la ricerca e caratterizzazione dei sistemi planetari grazie allo spettrografo HARPS-N, il cacciatore di pianeti extrasolari dell’emisfero boreale montato alTelescopio Nazionale Galileo (TNG) nelle Isole Canarie.

Le misure di velocità radiale indicano la presenza di un nuovo sistema planetario attorno a XO-2S, costituito da un pianeta un po’ più massiccio di Giove a 0,48 unità astronomiche (quindi metà della distanza Terra-Sole) e da un pianeta della massa comparabile a quella di Saturno a 0,13 unità astronomiche. Entrambe le orbite planetarie sono moderatamente eccentriche ma dinamicamente stabili.

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Nell’immagine di sinistra, il sistema planetario attorno alla stella XO-2S. La croce rappresenta la stella, le orbite dei suoi due pianeti (in rosso) confrontate con quelle di Mercurio (in nero), Venere (in blu) e Terra (in verde). Nell’immagine di destra, il sistema planetario XO-2N. La croce rappresenta la stella e l’orbita rossa rappresenta quella del pianeta confrontata con le orbite di Mercurio, Venere e Terra. Crediti: Slivano Desidera.

Al di là dei due nuovi oggetti, ciò che rende eccezionale questo sistema è che è in assoluto il primo sistema binario noto nel quale entrambe le componenti stellari hanno un proprio sistema planetario. “In un sistema binario largo la probabilità di trovare un sistema planetario attorno a una delle componenti è praticamente uguale alla probabilità di trovare un sistema planetario attorno a una stella singola. Ci si aspettava dunque di trovare un risultato di questo tipo, solo che non erano quasi mai stati fatti tentativi sistematici in passato, dato che alcune survey escludevano le binarie e in altri casi veniva considerata una sola delle componenti”, afferma Alessandro Sozzetti dell’INAF di Torino e P.I. della proposta osservativa.

La scoperta è stata compiuta grazie ad un monitoraggio di velocità radiali effettuato in modo intensivo su XO-2S con HARPS-N al TNG, avviato oltre un anno fa. Quando gli studiosi hanno cominciato a sospettare la presenza di pianeti attorno alla stella, è partito anche un programma di osservazioni fotometriche di supporto a quelle spettroscopiche. I dati raccolti alla stazione osservativa “M. G. Fracastoro” di Serra la Nave dell’INAF di Catania e soprattuttoall’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta, centro di ricerca regionale associato all’INAF, hanno permesso di escludere che il segnale fosse imputabile a fenomeni dovuti alla stella. Ulteriori indicazioni in tal senso sono venute anche dall’analisi di dati del sistema XO-2 presi nel 2011 alla stazione osservativa di Asiago dell’INAF di Padova.

Gli studiosi sono così giunti alla conclusione che due pianeti orbitano attorno alla stella XO-2S. La compagna XO-2N, la stella più a nord della coppia, era già nota per il suo pianeta XO-2b (detto anche XO-2Nb), osservato transitare davanti alla stella ogni 2,5 giorni ed avente massa circa la metà di quella di Giove, ovvero di dimensioni confrontabili al gigante gassoso del nostro Sistema Solare. Abbiamo quindi due stelle “gemelle” legate fra loro che ospitano sistemi planetari ben diversi. XO-2N ha un pianeta vicino più piccolo di Giove, XO-2S due pianeti molto più lontani, di cui uno più grande di Giove.

Si tratta del primo caso in assoluto di detection da parte di HARPS-N, ossia i primi due pianeti scoperti con i dati raccolti dal cacciatore di pianeti montato al TNG e che misura le velocità radiali delle stelle, ossia la velocità della stella lungo la linea di osservazione. Dalle variazioni di questa velocità si può stabilire se vi sono uno o più pianeti in orbita attorno alla stella. In precedenza, tramite la misura di dimensioni e massa, HARPS-N aveva confermato pianeti candidati già scoperti col metodo dei transiti grazie al Telescopio Spaziale Kepler della NASA.

Non solo. “Ci sono anche indicazioni di un trend a lungo termine nelle velocità radiali” afferma Silvano Desidera. “Questo indica la presenza di un altro oggetto orbitante attorno a XO-2S, con un periodo orbitale molto più lungo dei 400 giorni in cui abbiamo osservato finora questa stella. Potrebbe trattarsi di un terzo pianeta con un periodo di vari anni oppure di una nana bruna o di una stella di piccola massa con periodo più lungo. Sarà necessario compiere altre osservazioni future per determinare la natura del nuovo oggetto”.

Il sistema XO-2 è il primo esponente scoperto di una nuova famiglia di sistemi esoplanetari, quello dei sistemi binari in cui pianeti orbitano attorno a entrambe le stelle. Il fatto che le due stelle siano estremamente simili e che nella loro fase di formazione ed evoluzione abbiano dato luogo a sistemi planetari molto diversi sarà oggetto di ulteriori studi nel prossimo futuro. È un esempio eclatante di quanto sia varia la casistica e di quanti dati ancora siano necessari per capire fino in fondo i complessi meccanismi di formazione ed evoluzione planetaria.

È anche una buona notizia per l’astronomia e in particolare per quella nostrana, perché tutte le tappe della ricerca che ha portato alla scoperta sono state effettuate da team italiani. Gli azzurri di calcio sono stati eliminati dalla Coppa del mondo, ma la ‘nazionale’ degli astronomi italiani si conferma tra le grandi nella ricerca di altri mondi.

Leggi l’articolo su arxiv: The GAPS programme with HARPS-N@TNG IV: A planetary system around XO-2S

Sabrina e Caterina

Comunicato stampa pubblicato  il 2 luglio 2014 su Media INAF – http://www.media.inaf.it/2014/07/02/gemelli-diversi/

Lo stage degli Olimpionici al Telescopio Nazionale Galileo

•25 giugno 2014 • 1 commento

C2012K1

CometaC/2012 K1 (PanSTARRS) osservata da Pasquale e Giacomo al TNG. Crediti e copyright: FGG-TNG. Fonte Media INAF- Ringraziamenti a Emilio Molinari.  

La settimana scorsa è stata sicuramente una delle più intense per Pasquale Miglionico del Liceo Scientifico Statale “Federico II di Svevia” di Altamura (Bari) e per Giacomo Santoni del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Macerata, primi due classificati nella categoria Senior alle Olimpiadi Italiane di Astronomia 2014, che hanno avuto la grande opportunità di fare lo stage presso il Telescopio Nazionale Galileo a La Palma, Isole Canarie.

Sicuramente le due giornate di più duro lavoro per i due studenti sono state quelle del 18 e 19 giugno quando hanno compiuto le loro osservazioni al TNG, telescopio di 3,6 metri di diametro che fa parte del complesso di telescopi dell’Osservatorio del Roque de Los Muchachos. Oltre alla notte di osservazione, Pasquale e Giacomo hanno avuto modo di visitare il Gran Telescopio Canarias (GTC) di 10,4 metri di diametro, il più grande telescopio ottico/infrarosso al mondo, il Mercator Telescope  di 1,2 metri di diametro, il Nordic Optical Telescope (NOT) di 2,56 metri di diametro e lo William Herschel Telescope (WHT).

La prima osservazione è stata quella della cometa C/2012 K1 (PanSTARRS) che a fine aprile si è avvicinata alla Terra diventando visibile anche con piccoli telescopi. Il perielio, punto di massimo avvicinamento al Sole, si avrà il prossimo 27 agosto, mentre a partire dal 15 settembre non sarà più visibile nel nostro emisfero, ma solo in quello australe.

Poi è stata la volta di un’immagine in tricromia della coppia di galassie NGC 5774 e NGC 5775 in una fase di merging galattico, di fusione legata alla reciproca attrazione gravitazionale. Tra le due galassie vi è un sottile ponte di gas che tenderà ad evolvere fino a far fondere assieme le due galassie. Il sistema che dista 70 milioni di anni luce di distanza da noi tenderà a trasformarsi nel corso dei miliardi di anni dando origine ad una galassia unica.

I due ragazzi sono stati accolti dal Direttore del TNG Emilio Molinari e seguiti da Gloria Andreuzzi, Responsabile della Divulgazione e Didattica al TNG, da Walter Boschin, astronomo di supporto al TNG, da Albar Garcia de Gurtubal Escudero, operatore al Telescopio. I due ragazzi sono stati accompagnati da Angela Misiano della Società Astronomica Italiana (SAIt) e da Caterina Spezzano della Direzione Generale del MIUR per gli Ordinamenti scolastici e per l’Autonomia Scolastica.

Fonte Media INAF: http://www.media.inaf.it/2014/06/20/pasquale-e-giacomo-astronomi-al-tng/

Sito del TNG: http://www.tng.iac.es/

Sito delle Olimpiadi Italiane di Astonomia: http://www.iaps.inaf.it/olimpiadiastronomia/

Sito della SAIt: http://www.sait.it/

Sabrina

E-ELT, il botto che dà avvio ai lavori

•24 giugno 2014 • Lascia un commento

Sarà il telescopio più grande al mondo grande quanto un campo di calcio, confrontabile quasi con le dimensioni della Cupola di San Pietro. I 39 metri di diametro dell’E-ELT- European Extremely Large Telescope dell’ESO permetteranno lo studio di regioni del cielo non ancora esplorate, andando alla ricerca anche di nuovi mondi e in particolare di terre simili al nostro pianeta.

Il picco del Cerro Armazones in Cile a 3000 metri di quota è stato in parte livellato per ospitare il nuovo telescopio ottico/infrarosso la cui prima luce è prevista fra dieci anni, nel 2024.

L’evento in numeri:
E’ stata fatta a pezzi circa 5000 metri cubi di roccia.
Verranno rimossi circa 220 000 metri cubi di terra.
La piattaforma dell’E-ELT sarà grande 100 metri x 300 metri.
16 mesi di lavoro (fine 2015).
Prima luce del telescopio: fra 10 anni.

Press release dell’ESO: Inizio esplosivo per l’E-ELT – http://www.eso.org/public/italy/news/eso1419/

Media INAF: Un botto per E-ELT – http://www.media.inaf.it/2014/06/20/un-botto-per-e-elt/

Altre informazioni:
E-ELT il più grande telescopio al mondo – https://tuttidentro.wordpress.com/2013/10/07/e-elt-il-piu-grande-telescopio-al-mondo/
ESO e Cile firmano l’accordo per la costruzione di E-ELT: https://tuttidentro.wordpress.com/2011/10/29/eso-e-cile-firmano-laccordo-per-la-costruzione-di-e-elt/

Sabrina

 

Avamposto42, guida galattica per terrestri in missione

•20 giugno 2014 • 2 commenti

Samantha CristoforettiL’astronauta italiana dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) Samantha Cristoforetti. Crediti ESA/NASA.

E’ stato presentato ieri presso la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana ASI durante una conferenza stampa Avamposto42, il nuovo sito web ufficiale della Missione Futura dell’astronauta italiana dell’Agenzia Spaziale Europea Samantha Cristoforetti.
Avamposto42 nasce da una collaborazione tra ESA, ASI e l’Aeronautica Militare, oltre ad altri partner tra cui l’Associazione Italiana per l’Astronautica e lo Spaziio (ISAA).

In questo video Samantha Cristoforetti, presenta Avamposto42 e racconta il valore della nutrizione nello spazio. Al momento sta seguendo gli ultimi mesi di addestramento per la sua prossima missione sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) prevista per il prossimo novembre 2014.

“Vorrei che sempre più persone possedessero le semplici conoscenze necessarie per fare scelte alimentari consapevoli, che permettano di godere della vita pienamente e a lungo” racconta Samantha Cristoforetti.” Allo stesso tempo vorrei che sempre più persone conoscessero la sfida dell’esplorazione spaziale, un affascinante viaggio collettivo dell’umanità per allargare le possibilità della nostra specie”.

Come racconta Antonio Pilello di Argotec, “La scelta dei nutrimenti utilizzati da Argotec nella preparazione del bonus food è anche stata fatta sulla base di criteri scientifici molto rigorosi, in modo da selezionare, tra gli ingredienti più sani e nutrienti, quelli maggiormente adatti per la salute e il piacere di Samantha. È molto importante mangiare in modo corretto sulla Terra, ma questo vale ancora di più in condizioni di microgravità”. Argotec è un’azienda di Torino, unica responsabile per il bonus food degli astronauti europei dell’ESA su contratto dell’ESA stessa e fornitore ufficiale di cibo per gli astronauti europei in missione sulla ISS per i quali realizza cibi su richiesta. Argotec ha sviluppato uno spazio di ricerca per lo studio nutrizionale del cibo dedicato agli astronauti, il cosiddetto Space Food Lab.

I cibi che vanno a bordo della ISS devono essere consegnati alla NASA almeno 18-24 mesi prima del lancio in modo che possano essere recapitati in anticipo a bodo della ISS prima dell’arrivo dell’equipaggio. E grazie ad Argotec, Lavazza e l’ASI con Samantha Cristoforetti andrà in orbita anche ISSspresso, il primo caffé espresso nello spazio.

Samantha Cristoforetti addestramento

Samantha Cristoforetti sperimenta l’assenza di gravità. Crediti: ESA/NASA. Fonte: Avamposto42.

In orbita attorno alla Terra non si è soggetti alla forza di gravità. La massa della Terra è molto più grande rispetto a tutto quello che le sta sopra, persone comprese. Di conseguenza, la forza di gravità terrestre domina e maschera quasi tutte le altre interazioni tra i corpi, quale per esempio l’azione gravitazionale che ognuno di noi esercita sulla Terra stessa, l’azione gravitazionale che noi esercitiamo su tutti gli altri oggetti (e persone) che ci stanno vicino.
Sulla Terra è facile capire che una bottiglia piena di acqua pesa di più di una bottiglia vuota o mezza vuota. Da quando siamo nati, abbiamo inziato a sperimentare la forza di gravità con le nostre cadute per terra, imparando a camminare, quando si fanno gesti molto semplici e abitudinari come quello di bere un bicchiere d’acqua.

“Il peso e quindi la forza di gravita’, influenza profondamente tutta la nostra vita quotidiana, persino nei dettagli” racconta Stefano Sandrelli dell’INAF-Osservatorio dei Brera e collaboratore ESA. “Quando siamo in piedi, per esempio, il sangue si trova in gran parte sotto il livello del cuore: se la circolazione deve funzionare, allora il muscolo cardiaco deve pompare con una forza sufficiente a vincere l’attrazione gravitazionale. Il nostro senso dell’equilibrio dipende dai movimenti degli otoliti, sassolini che si trovano nell’orecchio interno e che si muovono sotto l’azione della gravità: cambiate la gravità e il nostro sistema di orientamento naturale andrà del tutto in tilt. E questi non sono che due casi particolari”.

Ma perché andiamo lassù?
Come dice Paolo Nespoli, astronauta italiano dell’Agenzia Spaziale Europea che ha già trascorso sei mesi nello spazio, il motivo per cui si va nello spazio è perché lì vi sono condizioni che non si trovano sulla Terra, per cui si riesce a fare quello che non è possibile fare a Terra. “Cose che da un lato ci sono utili e dall’altro ci divertono” afferma. “Ci andiamo anche perché non possiamo fare a meno di farlo: l’avventura, il viaggio, la scoperta sono nella nostra natura”.

Samantha Cristoforetti è nata a Milano ma vissuta a Male’ in provincia di Trento, Samantha Cristoforetti e’ uno dei sei astronauti ESA classe 2009, gli Shenanigans. Si e’ laureata a Monaco in ingegneria meccanica con una specializzazione in propulsione spaziale e strutture leggere e, come parte dei suoi studi, ha frequentato sia l’ Ecole Nationale Supérieure de l’Aéronautique et de l’Espace di Tolosa in Francia sia per dieci mesi la Mendeleev University of Chemical Technologies a Mosca, durante i quali ha scritto la sua tesi di Master in propellenti solidi per razzi.

Sito web – Avamposto42: http://avamposto42.esa.int/
ESA-Agenzia Spaziale Europea: http://www.esa.int/ESA
Tutte le interviste sono tutte tratte dal sito Avamposto42; le interviste a Paolo Nespoli sono state ricavate da una presentazione pubblica organizzata dal Gruppo Astofili Salese, Santa Maria di Sala, Ve, durante la Mostra di Astronomia e Astronautica, marzo 2013. Vi suggerisco il suo libro “Dall’alto i problemi sembrano più piccoli”, edizioni Mondadori.

Sabrina

Chi si ferma è perduto

•18 giugno 2014 • Lascia un commento

COBE- universo

Image Credit: DMR, COBE, NASA, Four-Year Sky Map

di Marco Castellani

Potremmo ben dire così, vista la situazione: chi si ferma è perduto. Del resto, fermo non c’è proprio nessuno. Tanto meno la Terra. Allora vediamo di fare chiarezza, in questo senso. Approfittiamo dell’immagine presentata un paio di giorni fa da APOD, per aiutarci in questa rapida carrellata… Cominciamo appunto dalla Terra. Ebbene, la Terra non sta ferma di certo: come sappiamo, si muove intorno al Sole, compiendo il suo moto di rivoluzione annuale. Il Sole a sua volta non sta certo in panciolle, ma orbita intorno al centro della Via Lattea.

Al che uno potrebbe pensare: bene, è finita qui.

Invece no. Affatto.

La Via Lattea compie la sua orbita intorno all’interno del Gruppo Locale di Galassie (il nome vi dice qualcosa, per caso?). Il quale Gruppo Locale, lungi dal vegetare tranquillamente a galla nello spazio, si trova altresì coinvolto in una vertiginosa caduta verso il gruppo di galassie dell’Ammasso della Vergine. E’ uno degli ammassi di galassie più grossi vicino al Gruppo Locale, con più di un migliaio di galassie che vi fanno parte. Dunque si capisce che eserciti una rilevante attrazione gravitazionale.

Ma non è finita qui.

E’ che tutte queste velocità messe insieme non raggiungono quella del moto combinato di questi oggetti rispetto alla radiazione cosmica di fondo. Tale radiazione è forse il criterio più valido per poter distinguere, nell’Universo, ciò che sta fermo da ciò che si muove. Se ci pensate, ogni cosa è in movimento rispetto ad un’altra, e l’unico sistema di riferimento affidabile sembra essere quello solidale con la radiazione di fondo.

Nella mappa che presentiamo qui sopra, ottenuta per mezzo del satellite COBE, che tanto ha dato alla cosmologia moderna, la radiazione nella direzione del moto terrestre appare più blu e dunque più calda, mentre quella dal lato opposto è spostata verso il rosso e dunque più fredda. La differenza di colori rappresenta pertanto l’evidenza più diretta del fatto che la Terra è in (rapido) movimento rispetto ad un sistema di riferimento solidale con la radiazione di fondo.

Sì, va bene. Ma quanto rapido? Avete mai pensato a formulare questa domanda? A che velocità, in ultima analisi, ci stiamo muovendo nel cosmo? Ebbene, dalla mappa si ricava che il Gruppo Locale si muove alla velocità di circa 600 chilometri per secondo in rapporto alla radiazione primordiale. Questa velocità appare piuttosto alta (parliamo di più di due milioni di chilometri all’ora, non proprio bruscolini…) e per molti versi la sua entità rende perplessi gli scienziati, che si sarebbero aspettati un valore più basso. Perché mai ci muoviamo così velocemente? Perché sfrecciamo nello spazio cosmico a questa velocità decisamente sconveniente (in barba ad ogni regolamentazione del traffico che vi può essere a larga scala)? Verso dove siamo diretti? Chi è che ci attira così tenacemente?

La risposta c’è. Si chiama Grande Attrattore (e mai nome fu più indovinato, probabilmente); con la sua massa decisamente elevata (stiamo parlando di decine di migliaia di galassie, ognuna delle quali potrebbe essere paragonabile alla nostra Via Lattea) esercita una irresistibile attrazione (gravitazionale) per le galassie della Via Lattea e per milioni di altre galassie, che da tempo dunque si trovano coinvolte nel moto verso di lui.

Il viaggio comunque si preannuncia piuttosto lungo; siamo ancora a 250 milioni di anni luce di distanza, non c’è davvero da aver troppa fretta di arrivare…

Marco